Grazie ad una "soffiata" dell'amico Veschi vi riproponiamo questo cd di Vito Di Modugno protagonista di un piccolo miracolo tutto italiano consistente nell'arrivare ottavo tra i migliori organisti a livello mondiale nel Referendum proposto dalla rivista Downbeat ( una vera bibbia del jazz ) ai propri lettori.
Amate lo swing e l’organo Hammond? Allora non dovete lasciarvi sfuggire questo album del trio di Vito Di Modugno con Pietro Condorelli alla chitarra e Massimo Manzi alla batteria con l’aggiunta di Michele Carrabba al sax tenore e Pino Di Modugno all’accordion.
Ascoltando dischi come questo ogni volta mi torna in mente un vecchio interrogativo: ma perché hanno smesso di produrre l’organo Hammond, strumento inimitabile per varietà timbrica e dinamica . Nell’attesa di una risposta che ovviamente non arriverà, gustiamoci l’Hammond suonato da specialisti del calibro di Vito. Nelle sue mani l’organo evidenzia appieno tutte le sue potenzialità ; stilisticamente la derivazione da Jimmy Smith e Larry Young è palese, eppure Vito è riuscito egualmente ad elaborare un linguaggio personale sorretto da una vitale fantasia, da una visione armonica assai sofisticata e da un senso del ritmo assolutamente inesauribile. Frutto probabilmente del fatto che suona anche il piano, in cui è diplomato, ed il basso sia acustico sia elettrico. Ma Di Modugno da solo non sarebbe bastato a confezionare un album così pregevole; man forte gli hanno dato i suoi compagni d’avventura (splendidi tra l’atro sia gli interventi del chitarrista Condorelli, sia il mix organo-fisarmonica) e la felice scelta del repertorio destinata ad un pubblico eterogeneo in cui al pubblico più squisitamente jazzistico si aggiunge quello più funky Nell’album figurano, infatti,oltre ad alcuni originals di Vito, temi di Mingus,di Silver, di Joe Henderson, di Eddie Gomez, di Corea ma anche un meraviglioso “Litthe Wing” di Jimi Hendrix proposto in una versione tanto originale quanto riuscita.
Gerlando Gatto - Jazz on line
Dopo alcuni anni e dopo l'innegabile successo di Organ Grooves, il suo primo disco come leader per la Red Records, torna in pista Vito Di Modugno con un nuovo gruppo, un nuovo disco e un nuovo repertorio.
Nel nuovo gruppo l'inserimento di Pietro Condorelli si rivela particolarmente felice perchè il suo modo di suonare, quieto e rilassato, è in qualche modo speculare a quello di Vito Di Modugno. Il repertorio è simile a quello Blue Note oriented del primo ma lo scavo in profondità nel linguaggio e negli arrangiamenti è molto più marcato con consistenti aggiornamenti ad esperienze più recenti e a pubblici più eterogenei che includono sia i jazz fans hardcore che quelli più apparentemente sofisticati del free ma anche la fascia di pubblico più popular e funky.
In realtà la session ha dato vita a due CD, questo è il primo, è accanto a grandi temi di Mingus, Silver, McLean, Henderson, Blue Mitchell, ci sono anche Corea, Jimi Hendrix, Jaco Pastorius, Eddie Gomez, Ornette Coleman, Cedar Walton e Bobby Watson oltre ad alcuni originals di Di Modugno che mostrano come il leader e i suoi compagni padroneggino con serietà, rigore, entusiasmo e soprattutto feeling i diversi aspetti della storia del jazz moderno, in tutte le sue sfacettate sfumature, senza complessi.
Triss il brano di Vincenzo Deluci, lo sfortunato trombettista pugliese che è rimasto paralizzato in un incidente d'auto ed al quale il CD è dedicato, ci sembra particolarmente riuscito per la vena melodica e il colore che ricorda molto alcuni melos balcanici e medio orientali.
La Zita Di Ceglie è un brano scherzosamente improvvisato in studio e coniuga un non improbabile connubio fra pizzica, blues e jazz, cosa questa che sembra aver interessato non poco anche altri musicisti di jazz in tempi recenti.
Michele Carrabba al sax tenore suona in quattro brani e dà agli stessi il colore e il calore
di un sassofonista dalla grande e bella sonorità, sostenuta da una tecnica eccellente e un feeling possente quanto incendiario che però sa essere anche molto smooth come nel blues di Vito "The Big". E' veramente sorprendente come un sassofonista di questo livello sia così poco conosciuto in Italia dove mi sembra abbia ben pochi rivali.
Pino Di Modugno, padre di Vito e di un altro figlio chitarrista che insegna al conservatorio di Bari, conferma, nei suoi brevi interventi, tutta la sua classe di grande fisarmonicista dalla tecnica e musicalità impressionante e dalla inesauribile vena musicale. Un uomo e un musicista che potrebbe ancora riservare delle sorprese, nonostante i suoi anni che hanno da poco superato i 70, e che chi vuole meglio conoscere può ascoltare nel CD pubblicato dalla Red Records a suo nome dal titolo Bedouin.
Massimo Manzi è oggi uno dei batteristi più richiesti a livello nazionale e il suo contributo alla riuscita della session è fondamentale.
Pietro Condorelli - che può anche essere ascoltato in altri Cd della Red Records: Easy e Quasimodo - si conferma solista e accompagnatore di classe e ci sembra aver trovato un perfetto equilibrio nelle sue linee melodiche, che ricordano spesso i sassofonisti, fra sonorità e fraseggio.
Infine, Vito Di Modugno all'organo si conferma più che eccellente come strumentista, solista e leader. Credo possa essere annoverato senza difficoltà fra i migliori specialisti dello strumento in attività a tutti i livelli. Questa non è una affermazione fatta per il gusto di farla o di stupire. Abbiamo avuto l'opportunità di ascoltare, sia dal vivo che su disco, altri organisti ritenuti giustamente al Top e rispetto ad essi Di Modugno non ha alcun problema. Anzi potrebbe crearne a diversi di loro. Basta solo ascoltare e confrontare senza pregiudizi nè favoritismi.
Ovviamente i suoi riferimenti, come per tutti gli organisti, sono palesi e portano il nome di Jimmy Smith e soprattutto Larry Young: uno il padre dell'Hammond B3 e l'altro quello dell'organo moderno o meglio dell'organo nella post Coltrane age.
Vito Di Modugno, che oltre all'Hammond suona anche il piano, in cui è diplomato, e il basso acustico ed elettrico, si contraddistingue per un tasso tecnico elevato, un blues feeling feroce,una fantasia melodica e armonica sofisticata e viscerale che gli permettono di volare con la mano destra e fare sull'organo fraseggi che spesso solo i pianisti fanno e che sul suo strumento sono decisamente inusuali, un drive ritmico, sentire e analizzare le sue linee di basso con la mano destra, consistentemente ad alto livello.
L'Organ Trio, con o senza ospiti, suona in modo esplosivo, divertente e sa catturare l'attenzione di chi lo ascolta, La scelta del repertorio e gli arrangiamenti è molto azzeccata poiché non solo i temi sono molto belli, anche se spesso noti purtroppo solo ad una fascia ristretta di pubblico, ma sono arrangiati e suonati con slancio, vivacità, calore, fervore e risplendono di nuova luce. A cominciare dalla sonorità per esempio, anche sul piano elettrico. L'Organ Trio ha un suo suono e non ricorda altri che se stesso sia pure con i dovuti collegamenti con una tradizione che si vuole non solo rispettare ma addirittura rinverdire e modernizzare.
Basta ascoltare l'inizio di Haitian Fight Song per accorgersi da che parte tira il vento di Organ Trio che è decisamente soul, blues, jazz e non solo. Credo che Charlie Mingus sarebbe contento di sentire come l'Organ Trio suona il suo brano: con rispetto, riverenza, amore facendolo risplendere di nuova luce edi nuovi suoni.
Buon ascolto e buon divertimento.
Sergio Veschi